La diffusione delle transazioni commerciali internazionali implica sempre più frequentemente la necessità di stipulare accordi riguardanti il pagamento di royalty per lo sfruttamento di beni immateriali, più comunemente denominati secondo il termine anglosassone “licence-agreement”.
In generale, con royalty per lo sfruttamento dei beni immateriali si indica il diritto del titolare di una proprietà intellettuale ad ottenere il versamento di un corrispettivo da parte di chiunque effettui lo sfruttamento di detti beni (es. marchi, brevetti).
In ambito IVA, le royalty in uscita si configurano come prestazioni di servizio generiche da assoggettare ad imposta ad opera del committente quando fatturate da soggetti esteri, in ottemperanza alle disposizioni in materia di reverse charge in vigore dal 1° gennaio 2010 (vedere in particolare: D.Lgs. n. 18/2010; circolare n. 37/E/2011 2011; Legge n. 228/2012, circolare 12/E/2013).
L’art. 23 co. 2, lett. c) del DPR. 917/1986, in materia di imposte dirette, sancisce che “si considerano prodotti nel territorio dello Stato, se corrisposti dallo Stato, da soggetti residenti nel territorio dello Stato o da stabili organizzazioni nel territorio stesso di soggetti non residenti (…): c) i compensi per l’utilizzazione di opere dell’ingegno, di brevetti industriali e di marchi d’impresa nonché di processi, formule e informazioni relativi ad esperienze acquisite nel campo industriale, commerciale o scientifico (…)”.
Ai fini dell’attrazione nella potestà impositiva dello Stato italiano delle royalty corrisposte a soggetti non residenti, ciò che conta è, quindi, la residenza fiscale italiana del soggetto che corrisponde i compensi.
L’art. 25 co. 4 del DPR 600/1973 prevede che i compensi di cui all’art. 23 co. 2 lett. c) del del TUIR, corrisposti a non residenti, sono soggetti ad una ritenuta del 30 per cento a titolo di imposta sulla parte imponibile del loro ammontare.
Compensi corrisposti a non residentiIn base alla normativa fiscale interna i compensi corrisposti a non residenti sono inquadrabili quali reddito di lavoro autonomo o diverso a seconda della natura del percettore. In pratica, quando il soggetto estero è l’inventore o l’ideatore del bene immateriale, il reddito assume natura di reddito professionale. Diversamente, ossia nel caso in cui il percettore sia un soggetto diverso dall’inventore, il compenso è qualificabile come reddito diverso. Quanto alla base imponibile della ritenuta, nella circolare n. 47 del 2 novembre 2005 (§ 6.4) l’Agenzia delle Entrate afferma in modo espresso che essa è rappresentata dal canone ridotto forfetariamente del 25%; la circolare fa espresso riferimento alle royalty pagate ai soggetti che hanno acquisito a titolo oneroso i diritti di utilizzazione economica dei beni immateriali da terzi (art. 67 comma 1 lett. g) del TUIR), ma questa situazione dovrebbe intendersi equiparata a quella delle royaltiy pagate direttamente all’autore o inventore. |
Accanto alla normativa nazionale deve essere tenuta in considerazione anche la disciplina convenzionale, contenuta nella Convenzioni contro le doppie imposizioni.
Il regime fiscale delle royalty previsto dalla maggior parte delle Convenzioni contro le doppie imposizioni stipulate dall’Italia rimane fermo ad un assetto non conforme agli standard internazionali. Mentre, infatti, l’art. 12 del Modello OCSE di convenzione contro le doppie imposizioni prevede, quale criterio generale, quello della tassazione esclusiva dei proventi nello Stato di residenza del percipiente, l’Italia si riserva il diritto di assoggettare a tassazione i canoni pagati a soggetti non residenti, e naturalmente così fa lo Stato estero nei confronti dei percipienti italiani se la sua legislazione interna è speculare a quella italiana.
Solo talune Convenzioni stipulate dall’Italia sono conformi all’art. 12 del Modello OCSE per la tassazione delle royalty. In questi casi, se il percipiente estero è legittimato a invocare i benefici convenzionali, il canone viene pagato senza alcuna ritenuta in uscita; se la ritenuta viene prelevata, il percipiente può richiederne il rimborso integrale previa la presentazione di specifica richiesta indirizzata all’Agenzia delle Entrate, Centro Operativo di Pescara.
Nel più comune caso di Convenzioni non conformi al modello OCSE, in genere viene previsto un prelievo tipicamente compreso tra il 5 e il 10 per cento del provento. Alcune Convenzioni, tuttavia, prevedono aliquote differenziate a seconda della tipologia di royalty corrisposta.
Sono, invece, previste nella generalità delle Convenzioni stipulate dall’Italia clausole finalizzate a limitare i benefici dell’aliquota convenzionale ridotta al fatto che il percipiente sia il beneficiario effettivo dei canoni ricevuti.
In altre parole, nell’ipotesi in cui l’impresa residente corrisponda i canoni ad un soggetto estero, la Convenzione applicabile, in deroga a quanto disposto dalla legislazione nazionale, potrebbe stabilire che l’imposta dovuta in Italia, attraverso l’applicazione della ritenuta a titolo d’imposta non possa eccedere il 5-10 per cento dell’ammontare lordo dei canoni ma a condizione che il percettore estero sia l’effettivo beneficiario delle somme pagate.
Il sostituto d’imposta italiano che trattiene la ritenuta convenzionale dovrà includerla nel Modello 770 e, su richiesta del percipiente estero, predisporre un modello di certificazione
Occorre, infine, sottolineare che la responsabilità per l’obbligazione tributaria corrispondente rimane in capo al sostituto d’imposta italiano. In tal senso, è necessario che, prima del pagamento del corrispettivo, egli acquisisca lo specifico modello approvato con il provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate 10 luglio 2013, n. 84404 (Modello C corredato dal relativo frontispizio), debitamente firmato e compilato dal soggetto beneficiario. Tale modello contiene:
Infine, si ricorda che, in linea generale, la procedura ordinaria per evitare le doppie imposizioni sui redditi prodotti in Italia da soggetti non residenti, sulla base delle Convenzioni stipulate, rimane comunque quella del rimborso delle ritenute alla fonte. Pertanto l’applicazione diretta della Convenzione deve essere considerata come procedura alternativa.